Con sentenza n. 17247/2016 depositata il 23 agosto, la Suprema Corte ha evidenziato l’insussistenza di ragioni ostative a licenziare per due volte e per ragioni diverse il medesimo dipendente.

Nella fattispecie il lavoratore ricorrente era stato licenziato una prima volta per motivi disciplinari e successivamente per il superamento del periodo di comparto.

La decisione della Suprema Corte solo apparentemente risulterebbe sorprendente, ma in realtà ha compiuto un’equilibrata valutazione della realtà sostanziale e della realtà processuale a prima vista contrapposte.

La Corte precisa innanzitutto che, nel caso di giudizio di impugnazione di un licenziamento di cui all’art. 18 della legge n. 300/1970 (posto in essere in violazione dei divieti di licenziamento), instaurato successivamente al 28 giugno 2012, è previsto un solo procedimento connotato da particolare specialità (c.d. rito Fornero), il quale esclude la possibilità di applicare le norme processuali di cui agli artt. 414 c.p.c. e ss. poiché non specificamente richiamate.

Con ricorso in Cassazione l’ex lavoratore deduceva l’inefficacia del primo licenziamento per effetto di un secondo licenziamento intimatogli successivamente a quello per cui era causa, sostenendo quindi che il successivo ulteriore recesso del datore di lavoro, avrebbe determinato la cessazione della materia del contendere inerente al primo licenziamento.

La Suprema Corte, associandosi ai precedenti orientamenti, stabilisce che licenziamenti per motivi diversi rappresentano fattispecie rispettivamente autonome, ed infatti il secondo licenziamento per giusta causa potrà validamente spiegare i propri effetti laddove “venga ritenuto invalido o inefficace il precedente”.

La Corte giunge a tale conclusione postulando che, seppure l’annullamento del licenziamento produca degli effetti ex tunc aventi natura costitutiva (ad es. reintegrazione nel posto di lavoro, erogazione di un’indennità pari alla retribuzione che il lavoratore avrebbe dovuto percepire, versamento dei contributi previdenziali per il periodo intercorrente tra il licenziamento e la reintegrazione), dal punto di vista formale il rapporto lavorativo non si è mai interrotto. E’ quindi la permanenza e la continuità del rapporto a consentire l’irrogazione di un secondo licenziamento, “pur chiaramente destinato ad operare solo in caso di annullamento di quello precedente”.

 

Milano, 25.08.2016

 

Avv. Giovanni Babino

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